Arrivare alle vacanze estive stanca sfinita e di corsa per me è un must da diversi anni, ma siccome scegliamo luoghi lontani con parecchie ore di volo, ho tempo di riprendere fiato ed energie durante il viaggio – dormendo- ed arrivare in forma a destinazione. Con Roberta e Gigi sono tornata nel mare di Celebes, ma dall’altra parte rispetto a Mabul dove abbiamo assaggiato per la prima volta lo scorso anno i mari orientali: la nostra meta è stata l’isola di Manado e più precisamente il Minahasa Lagoon Resort. Gli amici di Oceano Point ci hanno organizzato una bella vacanza, con due stopover a Singapore, uno in andata ed a uno al ritorno. Un giorno e mezzo sono pochi per poter dire di averla visitata, ma a me sono bastati per innamorarmene: è una città ordinata, pulita, dinamica ma non frenetica, con grattacieli e giardini, un quartiere coloniale (Singapore è stata colonia inglese) ed uno di banche, Little India e China Town, il National Orchid Garden e il Raffles Hotel dove si gusta il Singapore Sling nell’ambiente di una piantagione indiana alle pendici dell’Himalaya (sgranocchiando arachidi i cui gusci si buttano rigorosamente sul pavimento), una marina con il Merlion che ti accoglie ed il Clarke Quay sul Singapore River che è un nastro continuo di locali che la sera si animano di turisti, di cibi e colori che riflettendosi nelle acque del fiume, raddoppiano la magia di questa città, isola, Stato indipendente dal 1965. Un’altra magia ci aspettava al Minahasa Lagoon: quella di un resort dove tutto assume una dimensione “umana”: la giornate non sono volate via come di solito accade in vacanza, ma trascorrevano ad una velocità a cui non siamo purtroppo più abituati, cioè con la possibilità di godersele fino in fondo senza annoiarsi e senza rimpiangere che fossero già finite. Tutto ciò grazie ad uno staff “di terra” gentile e dalla disponibilità quasi imbarazzante, ad uno staff “di mare” preparato, attento e simpatico, a fondali ricchi di piccole creature strane e colorate (nudibranchi mai visti…) e di coralli di ogni forma e dimensione, ad una cucina che alternava piatti locali ed internazionali, ad un centro benessere che ti riconciliava con la vita con un semplice massaggio e ad una piscina che sembra tuffarsi in mare. E durante la navigazione verso il parco marino di Bunaken, piacevoli e inaspettati (anche se dopo la terza volta l’effetto sorpresa è venuto meno…) incontri con i delfini e con le balene pilota che quasi tutte le mattine interrompevano il nostro viaggio invitandoci a tuffi improvvisi e a nuotate sfiancanti per avvicinarci un po’ e per “vedere meglio” e tentare lo scatto fotografico…. E ancora il “jungle restaurant”, incastonato sulla collina alle spalle del resort, per raggiungere il quale bisognava arrampicarsi su per una ripidissima scala di legno di più di 100 scalini … la siesta sulla chaise longue, in veranda guardando il mare …. la doccia in parte all’aperto con le pareti di pietra, … il rumore dell’aria appena mossa dalle pale del ventilatore, … l’accordo di non belligeranza con le formiche rosse, …. i ponticelli di “bacchette shangai” per attraversare le due anse del fiume che racchiude il resort …. insomma, LA vacanza. <br /><em><strong>Scritto da: Anna</strong></em>